Social media e salute mentale in adolescenza: dagli Usa un nuovo avvertimento

Un documento del Surgeon General, approfondito e ricco di riferimenti alle più recenti ricerche, porta l’attenzione sugli aspetti critici, ma anche sulle possibilità di azioni concrete per recuperare un uso più sano dei social media

garassini
3 min readMay 28, 2023
La copertina dello studio diffuso dal Surgeon General statunitense

Lo chiamano principio di precauzione. E’ quello che dovrebbe indirizzare scelte politiche ed economiche in presenza di risultati scientifici, ancora in parte controversi, ma ormai piuttosto univoci nell’evidenziare i rischi di un un certo prodotto o servizio. E’ quello che sembrerebbe sempre più ragionevole adottare nei confronti dei social media. Una conferma arriva da un documento appena uscito: “Social Media and Youth Mental Health”, in cui il surgeon general Vivek Murthy, capo dell’Ufficio per la Salute Pubblica degli Stati Uniti, riassume gli ormai molti motivi di allarme riguardo all’utilizzo dei social media da parte dei bambini e degli adolescenti e invita a un atteggiamento più cauto. Il testo, come si legge nelle prime righe, “è una dichiarazione pubblica che richiama l’attenzione del popolo americano su un problema urgente di salute pubblica e fornisce raccomandazioni su come affrontarlo”.

Si parte da una fotografia della situazione: il 95% dei giovani di età compresa tra i 13 e i 17 anni dichiara di utilizzare una piattaforma di social media, e più di un terzo la usa “quasi costantemente”, mentre quasi il 40% dei bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni utilizza i social media, nonostante l’età minima per farlo sia fissata a 13 anni.

Il documento prosegue poi elencando alcuni risultati delle ricerche sul rapporto tra uso dei social media e benessere fisico e psicologico degli adolescenti, ricordando come l’uso dei social media sia spesso collegato a una diminuzione della soddisfazione di vita in alcune fasi dello sviluppo, in particolare tra le ragazze di 11–13 anni e i ragazzi di 14–15 anni. “L’adolescenza è un periodo vulnerabile dello sviluppo cerebrale, l’esposizione ai social media in questo periodo merita un’analisi più approfondita”.

Lo studio evidenzia anche gli aspetti positivi dell’utilizzo dei social, in termini di connessione sociale, maggiore facilità nella ricerca di aiuto, e possibilità di condivisione di situazioni di disagio, oltre alla possibilità di avere conferme nella propria ricerca identitaria.

I possibili rischi sono collegati a un uso eccessivo dei social media in termini di tempo (la media negli Usa è di 3 ore e mezza al giorno). L’invito è quindi a un maggiore controllo, anche perché esistono già alcune ricerche che confermano un miglioramento della situazione con la diminuzione dell’utilizzo.

Il lungo e approfondito documento si chiude con l’invito all’azione rivolto ai legislatori, alle piattaforme, ai genitori, ai ragazzi e ai ricercatori. Tutti devono impegnarsi per una maggiore tutela dei minori, perchè, si afferma nel testo, la responsabilità non può essere lasciata del tutto sulle spalle delle famiglie e dei ragazzi. Servono leggi che regolino la proposta di contenuti ai minori sulla base dell’età, e da parte dei servizi occorrono misure più efficaci per evitare che i bambini siano presenti all’interno delle piattaforme e una maggior disponibilità a studiare seriamente gli effetti dei propri prodotti e a condividere i dati, impegno che viene chiesto anche a ricercatori e studiosi. Ai genitori viene chiesto tra l’altro di creare alleanze, per osservare insieme limiti e regole, una direzione che in Italia è proposta dalla Rete Nazionale dei Patti Digitali che raduna le ormai numerose iniziative di questo tipo nate un tutto il territorio nazionale. La strada verso un uso più sano e graduale del digitale è ancora lunga, ma ormai è tracciata.

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garassini

Freelance journalist (Domus). University Teacher (Digital Culture). Founder (Virtual magazine). Mother (3 daughters).