Là dove Twitter e Facebook non arrivano

A colloquio con Padre Jonah Lynch, che ci spiega come e perché occorre difendere alcuni spazi e tempi dall’irrompere della tecnologia

garassini

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Ti dà appuntamento davanti alla chiesa di San Babila, in pieno centro a Milano. Butti dentro un occhio e lo vedi che sta celebrando la Messa; quando esce, in lieve ritardo, ti chiede di aspettare ancora un poco perché c’è una persona che si deve confessare e non vorrebbe farla attendere. Basterebbe questo a chiarire cos’è davvero importante per Jonah Lynch, 35 anni, sacerdote americano per anni trapiantato a Roma, ha alle spalle studi in astrofisica, materia in cui si è laureato a Montreal, in filosofia e teologia, all’Università Lateranense, e in pedagogia alla George Washington University. E’ inoltre autore di numerosi volumi di carattere spirituale e di “Il profumo dei limoni” (Lindau), libro di successo dove proponeva un approccio “umano” alle nuove tecnologie.

Nel suo libro “Il profumo dei limoni” lei parla del suo rapporto con Internet e in generale con le nuove tecnologie della comunicazione. Com’è nato il suo interesse per questi temi?

«Fin dai tempi del liceo ho cominciato a utilizzare questi mezzi. Ho sempre avuto grande interesse per la tecnica: i miei libri preferiti in quel periodo erano tutti con titoli del tipo “come funzionano le cose”. Capire i meccanismi dietro gli strumenti che usiamo mi ha sempre affascinato. Da giovane ho anche imparato a programmare».

Com’è arrivato a capire che la fede non è una limitazione?

La fede mi ha aiutato a comprendere e ad accettare che sono una creatura limitata, a tenerne conto e a sapere che non è una condanna il fatto di poter curare soltanto un certo numero di rapporti, non infinito. Anche nel mondo digitale il “dongiovannismo” non è una strada matura. L’altro rischio è pensare che la realtà sia noiosa e ci sia bisogno di entrare in un mondo parallelo, immateriale, come quello di Facebook, per riuscire a sopportarla. Ma Cristo ha fondato una Chiesa in cui gli eventi fondamentali sono tutti fisici: i sacramenti non possono esistere senza la materia. Penso che questo sia fondamentale.

L’uomo è corpo e anima insieme, perciò trovo fuorviante la descrizione della rete come “ambiente”

Io preferirei chiamare ambiente soltanto ciò che può accogliere corpo e anima».

In seminario lei chiede ai novizi di praticare una forma di “digiuno tecnologico” per un anno: niente computer, niente cellulare, niente Internet. Come viene accolta questa proposta?

«Noto un aumento di consapevolezza: ci si rende conto per la prima volta di comportamenti che ormai si considerano normali e invece non dovrebbero esserlo, come mandare e ricevere sms durante un pranzo in famiglia, o voler controllare assolutamente l’ultimo tweet.

Si finisce in questo modo per avere una forma di attenzione sempre dispersa e indifferenziata, incapace di salvaguardare certi luoghi e rapporti, di preferirli rispetto ad altri.

Invece, come spengo il cellulare quando entro a Messa, devo essere capace di tenerlo spento anche quando sono impegnato in una conversazione che non si può interrompere, o durante i pasti. Quel primo anno di digiuno da ogni tecnologia serve a capire che ci sono luoghi a parte, che vanno difesi dall’irruzione di sms, mail o tweet».

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garassini

Freelance journalist (Domus). University Teacher (Digital Culture). Founder (Virtual magazine). Mother (3 daughters).